Fermata Mirabello

Via Villa Mirabello, 6

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Prima di diventare un’importante città industriale e capitale economica, sede dei più importanti istituti bancari del nostro paese - la cui nascita è legata a uomini fuori dal comune come Luigi Luzzatti, che a soli 24 anni nel 1865 fonda la Banca Popolare di Milano, o i cugini tedeschi Otto Joel e Federico Weil, sotto la cui guida la neonata Banca Commerciale Italiana (1894) raggiunse in pochi anni gradi di espansione straordinari – Milano ha avuto un’insospettabile passato agricolo. Una risorsa alla quale deve la straordinaria ricchezza che per secoli, o meglio millenni, le ha garantito grande prosperità e una qualità della vita invidiabile, icasticamente decantata nel 1288 da Bovesin della Riva nel suo "De magnalibus urbis Mediolani", la madre di tutte le “guide turistiche” di Milano.
Fin dalla notte dei tempi, dunque, fuori le mura c’erano distese di campi coltivati che si perdevano all’orizzonte. Con l’avvento dell’Età dei Comuni, e ancor di più sotto le signorie viscontea e sforzesca, si andarono formando vere e proprie aziende agricole, nelle quali erano incastonate le tipiche cascine a corte lombarde, cuori pulsanti dei latifondi, operosi microcosmi a forte vocazione comunitaria la cui vita era scandita dal ritmo lento e armonioso dell’alternarsi delle stagioni.
Non di rado, al centro di questi possedimenti si trovavano eleganti “Ville di Delizia”, nelle quali i proprietari indugiavano all’ozio di latina memoria, coltivando i piaceri della vita fra i quali primeggiavano la musica, colte conversazioni, la poesia, giochi e piacevoli convivi.
Fra i pochi arrivati più o meno integri fino ai nostri giorni, oltre alla preziosa Bicocca degli Arcimboldi, alla quale l’omonimo quartiere deve il nome -fino a una quindicina di anni fa occupato dallo stabilimento Pirelli- a poca distanza c’è Villa Mirabello.
Nata come casino di caccia in aperta campagna, commissionata all’inizio del XV secolo dalla famiglia Mirabello e progettata con buona probabilità da Michelozzo Michelozzi, è uno degli esempi più suggestivi e interessanti di questo genere di edifici, tipici nella Milano rinascimentale, che uniscono la tipologia della villa a quella della cascina.
Acquistata da Pigello Portinari nel 1445, potente banchiere dei Medici e committente della cappella Portinari a Sant’Eustorgio, grazie a lui viene trasformata una magnifica villa suburbana, circondata da un parco di leggendaria bellezza.
Passata ai Landriani e poi a Giovanni Marino, alla fine del XVI secolo viene declassata a semplice complesso rurale, evento che segna l’inizio del declino. Come la bella addormentata nel bosco, la villa cade in un lungo sonno per quasi cinque secoli.
Nulla più che una cascina, avvolta dal terrapieno della ferrovia in luogo degli sterpi, al termine della Prima Guerra Mondiale venne baciata dalla fortuna diventando la sede della Casa di Lavoro e patronato per i ciechi di guerra di Lombardia.
Questa nuova destinazione fece in modo che venissero avviati incisivi lavoro di recupero e restauro che hanno in parte manomesso l’originaria composizione dell’edificio.
Fra le parti originali, oltre all'edificio a L su strada con il loggiato sulla corte interna, la scala e il balcone sul fronte, merita una visita la chiesa dedicata alla "Mater Amabilis", decorata con affreschi risalenti al XV secolo.