Fermata Giardini

Indirizzi: Via Palestro, Via Manin, Corso Venezia

A Milano non è vero che il verde non esiste: come tutte le meraviglie di questa città c’è ma non si vede. Una vecchia storia che ha inizio con gli spagnoli di Carlo V e il loro brutto vizio di inventarsi tasse per qualunque cosa. Così, dopo quella sulla famiglia, sugli immobili, sui generi di prima necessità e persino sulla neve, ne inventarono una sul verde privato che per la prima volta colpiva gli interessi della classe aristocratica. Un affronto inaudito. Fatta la legge, fu trovato l’inganno e in brevissimo tempo i giardini scomparvero alla vista, fatta eccezione per quelli pensili che affacciavano lungo le sponde della fossa interna dei navigli e per le “braide” sparse qua e là all’interno dei Bastioni.
Bisognerà aspettare l’arrivo della spumeggiante imperatrice Maria Teresa d’Austria per rinverdire l’antica tradizione della “Città giardino”, tanto che proprio grazie a lei le alte mura che con sacrificio e sangue erano state costruite dagli spagnoli, vennero trasformate in eleganti vialoni alberati, ideali per lo “struscio” in carrozza.
Non è dunque un caso se davanti a Villa Belgiojoso Bonaparte, oggi sede del Museo dell’Ottocento, sono sorti i primi giardini pubblici della città, appositamente pensati per lo svago dei milanesi per volere dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo il quale, nel 1780, affidò il progetto niente di meno che all’Imperial Regio Architetto Giuseppe Piermarini.
Un’area per secoli costellata da piccoli orti, monasteri, una chiesa – quella di San Dionigi - e corsi d’acqua, venne trasformata in un elegante giardino alla francese conquistando il podio del primo giardino pubblico d’Europa. Insieme al primato della prima biblioteca pubblica – quella dell’Ambrosiana voluta dal Cardinal Federico Borromeo – questo è certamente sorprendente se pensiamo al pregiudizio del quale è vittima questa città.
In questo polmone verde, molto amato dai milanesi, sono incastonati alcuni gioielli architettonici di tutto rispetto, come il Civico Museo di Storia Naturale, in stile noeromanico, progettato da Giovanni Ceruti; o il Civico Planetario Ulrico Hoepli, progettato dall’architetto Piero Portaluppi su commissione dell’editore svizzero Ulrico Hoepli e inaugurato nel 1930.
Il più celebre e inaccessibile di tutti però è senza dubbio palazzo Dugnani: nato come graziosa dimora patrizia nel XVII secolo, ancor prima della Rivoluzione francese diventa uno sfarzoso luogo di ritrovo e di mondanità. Acquistato nel 1846 dal comune di Milano, pesantemente danneggiato nei bombardamenti del ’43, conserva al suo interno uno spettacolare ciclo di affreschi del Tiepolo: l’Allegoria della Famiglia Dugnani e le Storie di Scipione e Massinissa, sotto i quali ben più di una generazione di milanesi si è sposata. Vederli è quasi impossibile. I più ostinati possono tenere d’occhio le aperture straordinarie e accodarsi alla prima occasione. La fatica vale l’impresa.